Giulia Merlini (Jules) durante la manifestazione organizzata dalla Tigulliana a Santa Margherita L. Altre foto nella Galleria fotografica
Da circa un annetto sentivo parlare di questa Giulia Merlini (anzi Jules, come preferisce farsi chiamare lei, ma io la chiamerò sempre Giulia) anzi la sentivo decantare dalla mia amica Veronica Delpino (The Best) e anche, in maniera diversa ma obiettiva, dal mio amico Gabriele Laganà (The Big). Finalmente ho potuto ascoltare dal vivo Giulia in una manifestazione a Santa Margherita e devo dire che… mi ha fatto venire la pelle d’oca. Già avevo ascoltato la sua voce sul suo MySpace e… già da lì rimasi sbalordito… tanto è vero che ne parlai subito con mio nipote che organizza eventi (tra cui Notte Bianca a Genova, Premio Bindi a Santa Margherita e altro) per inserirla in alcune manifestazioni e anche lui è andato a sentirla cantare ed è rimasto molto entusiasta. Però tutto è nato dal fatto di volerle fare delle foto con la chitarra, foto particolari che io avevo in mente in base a come mi era stata descritta e vista sul suo MySpace. Un’altra cosa importante da dire è che Giulia si scrive i testi, anche in inglese e si scrive pure la musica. Quindi… se la scrive, se la suona e se la canta… Ritornando alle foto, per ora niente da fare, non ne vuol sapere e, anche se rispetto questa sua volontà, non sono d’accordo. Mi accontento quindi, per ora, di farle le foto durante le manifestazioni o concerti.
Giulia Merlini in questo periodo è molto richiesta con il suo gruppo (fondato da lei) i Prey of the white rabbit, composto dal bassista Matteo e dal batterista Daniele.
Per chi vuol saperne di più può visitare i suoi siti myspace.com/julesrapallo e myspace.com/preyofthewhiterabbit dove può ascoltare le sue canzoni e leggere i suoi bellissimi testi. Molto bella la canzone “27 gennaio”.
Qui sotto riporto l’intervista rilasciata da Giulia e il suo gruppo al sito FemmeRock
Girovagando per quel gran casino che è myspace ci si imbatte in una miriade di band che chiedono attenzione. Moltissime la chiedono a parole, con un po’ di arroganza e una buona dose di sfacciataggine (che, sia chiaro, non sono doti malvagie per chi va in cerca dei suoi 15 minuti di celebrità). Altre invece lasciano parlare la musica, ma non certo due note a caso, perché ci sono anche band capaci di fare musica con la M maiuscola, e allora è la musica stessa a esigere attenzione, e a quel punto non puoi farci nulla, sei stato catturato e dovrai ascoltare fino alla fine e magari ascoltare ancora. Perché quando mi sono imbattuto in questa giovane band ligure dal nome fiabesco, i Prey of the White Rabbit, proprio questo è successo: quella voce personalissima e capace di rendere corporee le emozioni, quel perfetto equilibrio tra melodia e rumore, tenerezza e aggressività, quella musica con la M maiuscola, mi hanno catturato.
Ragazzi, parlateci un po’ del vostro progetto: la storia del gruppo e qualcosa riguardo alla scelta del vostro nome, che sembra chiaramente ispirato all’Alice di Carroll.
Il gruppo ha preso forma nell’estate 2006. Io (Jules) ero appena entrata nella fase aggressiva di un musicista (quella obbligatoria a base di Nirvana, e una buona dose di cattiveria). Mi sono appassionata alla determinatezza e alla grinta di Sandra Nasic, ex cantante dei Guano. È allora che ho deciso di fondare un nuovo gruppo stile Nu-Metal. Fortunatamente, ho incontrato quasi subito Matte (bassista) che è stato colui che mi ha reso praticamente quello che sono adesso; lavorare con lui è sempre una grande soddisfazione e c’è una stima reciproca che ci rende molto uniti. Il nome del gruppo è la cosa che è nata per ultima, per assurdo; è stata una delle tante idee di Matte, che inizialmente optò per “Suicide of the White Rabbit”. Il motivo è che c’era un gruppo, i Mr. White Rabbit, se non sbaglio, che suonava cose troppo pessime, e allora secondo lui questi si sarebbero dovuti suicidare. Per non sembrate troppo cattivo Matte, poi, ha pensato al bianconiglio e ci siamo ispirati alla mia tanto adorata Alice in wonderland
Indie rock, una massiccia dose di vecchio math rock, passaggi da cantautorato intimista: il vostro sound non sembra di facile catalogazione. Come descrivereste la vostra musica e quali sono le band che più vi hanno influenzato?
La nostra musica è tutto ciò che appartiene a noi; io, Matte e Dani arriviamo da esperienze profondamente diverse. Il nostro sound è un insieme di melodicità, dissonanze, aggressività e stop ‘n’ go. Il mio bagaglio musicale è esteso veramente a 360°. Se vi chiedete perché è così puntuale la vena melodica nel gruppo in effetti è colpa mia. Elisa, Alanis Morisette, Bonnie Tyler, Mina, Mia Martini, Petra Magoni, la grandissima Skin e un casino di altre artiste mi hanno istruito. Ad equilibrare questa massiccia dose di orecchiabilità c’è sempre Matte, che con la sua formazione prevalentemente indie, post e math rock, alternativa rende un semplice pezzettino che rimane nell’orecchio particolare. Dai suoi giri di basso noterete che all’apice del suo sound stanno i Muse; seguono i 65 Days of Static, gli Shellac, I Giardini di Mirò, gli Slint, i Mars Volta, e un gran numero di band genovesi che fan sballare sia me che Matte. Gli Hermitage, i grandissimi Cut of Mica, i Port Royal, i Dresda e potrei andare avanti ancora per ore. Dani, invece, è il nostro batterista nuovo. Non è colui che è presente in registrazione. Siamo contenti del nuovo arrivo perché, nonostante la grande professionalità di Marci, Dani con le sue influenze puramente prog e metal dà tiro al pezzo. Adora i System of a Down e tutto quello che è catalogabile nel metal e nel prog, dagli Iron ai Dream Theatre
Giulia, sul myspace leggo che “ami scrivere testi profondi, riflettuti”… In effetti, se spesso lo standard è buttare giù qualche parola in un inglese stentato, i tuoi testi sono a tutti gli effetti delle poesie dallo stile molto personale. Perché la scelta piuttosto “controcorrente” dei testi (quasi) tutti in italiano?
Fino a circa un anno fa scrivevo e cantavo solo ed esclusivamente in inglese motivetti idioti dallo stile punk rock. Sempre grazie all’incontro con Matte ho più o meno capito cosa vuol dire scrivere un testo, ma un vero testo! Sotto sua provocazione ho incominciato ad entrare in un testo italiano e così ho cominciato a scrivere per il gruppo. Io amo scrivere testi profondi, perché sono quelli che realmente mi riguardano; sinceramente, non me ne frega niente di raccontare della sbornia che tutti i sabati sera si prende. È una cosa stupida, effimera. Molti dicono: “ma la vita del rocker è al sabato sera” (la famosa frase sesso, droga e rock n roll). Beh anche in questo mi rendo in qualche modo trasgressiva e nonostante tutto mi sembra di sapere rockeggiare lo stesso. A me piace far riflettere con la mia musica; io prendo le difese di coloro che sono sempre stati trattati come rifiuti senza un motivo realmente valido. Nella mia 27 Gennaio parlo per i milioni di morti che uno stato totalitario ha mietuto 60 anni fa. Nella mia Cattiveria insita prendo le difese di una ragazza che, spaventata dal prepotente, non riesce a reagire. A me piace il particolare e siccome adesso è tanto di modo il testo stile Finley nella direzione dei miliardi io prendo la strada esattamente contraria a loro; eternamente nella mia saletta rock a scrivere per me e per i pochi che trovano le mie canzoni interessanti.
Parlateci dei brani. I testi sono opera di Giulia, il resto dell’iter compositivo?
Testi e melodia vocale, quindi anche una piccola bozza di qualche accordo, sono appunto miei; Matte, grande amatore dell’armonia, è colui che fa girare il pezzo. Lo arrangia e lo riarrangia finchè questo non suona bene. Dani, invece, si occupa della parte ritmica e soprattutto dà energia e tiro al pezzo.
Avete da poco registrato un demo (con l’aiuto di due dei Cut of Mica, math rockers genovesi, per chi non li conoscesse). Potete spendere qualche parola su questo prodotto? E i Cut of Mica hanno avuto una qualche influenza sul vostro sound?
C’è da precisare, immediatamente, che il demo presente sul nostro myspace non è veramente l’idea che abbiamo di un demo con la D maiuscola. È un lavoro del tutto simbolico; volevamo metterci alla prova per vedere come giravano i pezzi su cui abbiam lavorato da Aprile a Settembre 2007. La base è buona ma c’è ancora molta strada da fare. I Cut of Mica?? Beh i Cut of Mica sono puntualmente sparati nei nostri stereo tutti i giorni a tutte le ore. Il 50% dei nostri pezzi sono un’idea maturata ascoltando le loro tracce. Berna e Fede, soprattutto, sono coloro che io, personalmente, e Matte stimiamo di più.
Parlateci della vostra esperienza live.
Per noi PotWR le esperienze live sono davvero drammatiche. Purtroppo abbiamo cominciato a provare seriamente con un batterista fisso solo ad Aprile dell’anno scorso, quindi in così poco tempo abbiamo potuto fare altrettanto poco. Noi siamo un gruppo che, finchè non è pronto, non esce dalla saletta. Infatti i live fino ad ora sono stati due, del tutto informali, per gli amici ecco. Uno ai bagni Giò e Rino Beach e uno al Nota Bene del caro Pendola.
Ora qualche domanda diretta alla leader della band, dal momento che il nostro sito si occupa di female-fronted bands. Giulia, quali sono le personalità che più ti hanno influenzato come cantante? (senza nulla togliere all’originalità del tuo approccio vocale, c’è un momento di Don’t Turn Your Back in cui mi hai ricordato molto Dolores O’Riordan). E, visto che sei anche la chitarrista della band, ci sono delle chitarriste donne che ti hanno ispirato
Non sei il primo a dirmi che in Don’t Turn Your Back assomiglio a Dolores; altri, invece, mi han detto che ricordo Elisa. Di questo ne sono comunque molto onorata, vuol dire che qualcosa so fare anch’io. Comunque, dovessi elencare tutte le personalità musicali femminili che mi hanno influenzato non finirei più. Dico le principali; in primis Elisa, le grintosissime Skin e Sandra Nasic, Bonnie Tyler e la sua ricerca di un eroe (Holding out for a Hero), la regina del blues Janis Joplin, Mia Martini e il suo Minuetto, Alanis Morisette e la sua buona dose di malinconia, la grande Mina e la già citata Dolores con la sua Zombie. Io sono chitarrista per modo di dire; sono autodidatta. Infatti non mi definisco neanche chitarrista; io suono uno strumento a forma di chitarra ma con la tecnica Julesese (… =D, n.d.a.). Grazie, comunque, allo studio della musica, nella mia scuola di canto, so destreggiarmi sul manico a creare accordi con sonorità interessanti, ma per quanto riguarda le tecniche strettamente legate alla chitarra non ne so nulla. Di conseguenza non mi sono mai ispirato a qualcuno o a qualcuna per quanto riguarda la tecnica. Riguardo all’attrezzatura, invece, mi sono organizzata sulla base di un grandissimo Matthew Bellamy by Muse e sulle sonorità post rock, colme di delay, eco, riverberi e simili, mischiati con l’essenzialità del Math rock, che alterna un buon suono pulito con uno cattivo e distorto.
Girovagando sul web ho trovato tracce di tuoi progetti precedenti. I LostOne, in cui suonavi anche il basso, e Juliette, che a quanto ho capito è la prima incarnazione della band attuale. Puoi dirci qualcosa di più?
I LostOne sono stati il mio primo progetto; a pensarci adesso mi metto le mani nei capelli. Ampli al massimo, tre accordi essenziali sulla chitarra e via col punk rock. Nulla di più. Facevamo soprattutto cover, in particolare Green Day e Blink. Abbiamo anche registrato due canzoni nostre, carine per altro. Ma nulla a che vedere con la musica che suono adesso. Suonavo il basso, sì, anch’esso da autodidatta in un gruppo chiamato ADSL. Con loro mi divertivo a fare cover dei Red Hot e dei System of a Down, ma nulla di serio. Solo per divertimento! I Juliette, invece, siamo noi attuali, con il nome modificato.
Domanda obbligatoria: come vedi il ruolo delle donne nel rock ai nostri giorni? Credi che abbiano meno possibilità rispetto ai loro colleghi maschi o che certi pregiudizi siano ormai superati? Come sono state le tue esperienze personali?
A questa domanda sarà veramente difficile rispondere con coerenza. A livello di spirito il cantante uomo dalla cantante donna non ha differenze, nel senso che la passione per il canto e la musica in generale è la stessa, certo in modo personale, ma a seconda del sesso ciò non cambia. Cambia dal punto di vista fisico; infatti, secondo me, le donne sono più portate degli uomini nel canto, come nella danza classica, nella pallavolo ecc. Troverai sempre il giocatore di pallavolo uomo, ma lo stile e la delicatezza con cui questo sport viene praticato cambia di un abisso se praticato da una donna. Allo stesso modo è più facile trovare ragazze con una voce piacevole e comunque intonate. Però è veramente raro incontrarne una con una voce particolare e che soprattutto ti lasci qualcosa. Per quanto riguarda i ragazzi, invece, è raro trovarne che cantino. Ma se cantano, solitamente, spaccano sia in potenza che in interpretazione. In sostanza la differenza che volevo mettere in luce è il fatto che è più facile trovare ragazze intonate e che cantino, a differenza dei maschi, ma è più raro trovare ragazze che ti lascino qualcosa data la grande percentuale di femmine che canta. Non so se sono stata chiara. Purtroppo per iscritto questo è il massimo che riesco a fare, nonostante il quasi raggiunto diploma di maturità classica
Siete di Rapallo, una band di provincia quindi. Ci sono possibilità di suonare senza dover migrare verso la grande città o la provincia è depressa? Ci sono band locali di cui vi sentireste di consigliare l’ascolto?
Sì siamo di Rapallo e purtroppo possiamo affermare con certezza che se si vuole suonare sul serio, davanti ad un pubblico che non sia lì perché è formato dai tuoi familiari o dai tuoi amici, devi andare altrove. Genova, per esempio, è un luogo adatto; Buridda, Milk comunque i centri sociali sono i luoghi ideali in cui suonare e proporre la tua musica.
Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato. Le ultime parole sono per voi.
Grazie mille per l’attenzione.
Chiamate per qualsiasi cosa.
Jules